per martedì 4 febbraio - 3^ e 4^ les
(collegatevi al quotidianoinclasse.it: questa settimanaci sono titoli facili - "L'amicizia ai tempi dei social network" - "come avete scelto la vostra scuola ?"-cimentatevi !)
Due gli argomenti di questa settimana su cui riflettere:
FIAT
1) Perchè la Fiat sposterà la sede legale e fiscale?
2) Condividete questa decisione ? Cosa fareste voi al posto della Fiat ? E al posto del governo?
3) Su cosa può puntare l'Italia per attirare le imprese straniere e per trattenere le imprese italiane?
Corriere della sera -giovedì 30 gennaio: pagg. 1- 4-5; 8-9
Il Sole 24 ore - giovedì 30 gennaio: pagg. 1 e segg. "Fiat Chrysler, parte la sfida"- "Quel cuneo su auto e lavatrici"- "Il problema è che cosa qui non va"- pag.2:" Nasce Fiat Chrysler Automobiles" - "Il bonus della cittadinanza inglese"; pag. 41 -42 "L'opzione polacca non esiste"- "Innovare è la via obbligata"
pag. 1 "Scatta la tagliola, ok su Imu-Bankitalia";pag. 5 "La ghigliottina salva il Dl Imu"- "la tagliola che stringe i tempi"
INSULTI E SPINTONI ALLA CAMERA
1) Cos'è questa "ghigliottina" adottata dalla Presidente della Camera?
2) Condividete l'esistenza della norma "ghigliottina" ?
RIPASSARE: le caratteristiche dei decreti legge
Per comprendere contro cosa hanno cercato di fare ostruzionismo i grillini vi allego un documento:
SINTESI DELLE FAQ SU RIFORMA ASSETTO
PROPRIETARIO BANCA D’ITALIA
a cura di Marco Causi
Chi possiede Banca d’Italia?
La Banca d’Italia non è mai stata
statale, ma proprietà degli istituti bancari e assicurativi.
Qual è oggi la compagine
azionaria?
Oggi più del 50 per cento è in mano a
Intesa San Paolo e Unicredit.
C’è quindi il pericolo che i
controllati (le banche) controllino il controllore (la Banca d’Italia
esercita la vigilanza sui mercati del credito e delle assicurazioni)?
No, perché la Banca d’Italia è e
resta un Istituto di diritto pubblico e i soci proprietari delle
azioni non hanno alcun potere sulla governance dell’istituto
e sulla gestione delle attività istituzionali della Banca.
Cosa succede con la riforma?
Nessuno potrà possedere più del 3 per
cento delle azioni di Banca d’Italia. Gli azionisti che oggi ne
possiedono di più dovranno vendere.
Qual è la regola per la
rivalutazione?
La nuova regola è che agli azionisti
verrà riconosciuto un rendimento non superiore al 6 per cento del
capitale investito (non più, quindi, delle riserve). Il valore del
capitale viene portato a 7,5 miliardi. Quindi, il massimo dei
dividendi attribuibili in futuro è di 450 milioni, una cifra
inferiore al massimo oggi raggiungibile.
Qual è il beneficio “di
sistema” di questa operazione?
Finora le azioni di Banca d’Italia
non potevano far parte del capitale di vigilanza dei soggetti che le
possedevano, appunto perché non stavano sul mercato e non c’era un
criterio univoco di valutazione. Grazie alla riforma, potranno essere
inserite nel capitale di vigilanza. (Capitale che ogni banca deve detenere per soddisfare i requisiti di vigilanza prudenziale)
E allora? C’entrano forse
Basilea 3 e i nuovi criteri prudenziali dell’Unione bancaria?
Sì. Le banche sono limitate, nel
credito che possono erogare, dalla quantità del loro patrimonio. I
requisiti di patrimonializzazione richiesti alle banche sono molto
aumentati dopo la crisi del 2008-2009. Tutti gli organismi
internazionali, e per ultima l’Unione Europea, hanno introdotto
metodi più stringenti di valutazione dei rischi e requisiti
patrimoniali più elevati. E questo è, insieme alla crisi
dell’economia reale, una delle cause della restrizione del credito
bancario di cui soffrono soprattutto le imprese piccole e medie.
Quindi i 7,5 miliardi derivanti
dalla rivalutazione rafforzano il patrimonio del sistema bancario?
Sì. E si ottiene questo risultato
senza spendere neanche un euro del bilancio pubblico. I proprietari
delle azioni rivalutate le venderanno sul mercato per scendere al 3
per cento: i soldi che andranno alle banche verranno dal mercato, non
dallo Stato.
Le riserve della Banca d’Italia
potrebbero essere usate per altri scopi, ad esempio per finanziare
investimenti pubblici o altre forme di spesa pubblica?
No, assolutamente no. Non si tratta di
un “tesoretto” a cui liberamente attingere, ma appunto di un
attivo che garantisce l’intero paese all’interno dell’Unione
Economica e Monetaria. Oggi, dopo la crisi finanziaria e con l’Italia
soggetta alla crisi del suo debito pubblico, è impensabile anche
solo ipotizzarlo. In realtà, le riserve non vengono spese neppure
con l’operazione effettuata dal decreto 133, perché esse cambiano
semplicemente collocazione all’interno dello stato patrimoniale
della Banca d’Italia, spostando 7,5 miliardi da riserve a capitale
sociale. Abbiamo però ottenuto il massimo possibile nelle condizioni
date: utilizzarle come volano per il rafforzamento del patrimonio del
sistema finanziario (bancario e assicurativo) italiano, con effetti
indirettamente positivi sulla crescita tramite riduzione delle
restrizioni sul credito.
Perché la riforma di Banca
d’Italia è stata legata all’IMU?
Perché la copertura finanziaria per
l’abolizione della rata IMU prima casa di dicembre è stata messa a
carico del settore creditizio, finanziario e assicurativo, nonché
della stessa Banca d’Italia, con l’aumento degli acconti IRES e
IRAP e con un’addizionale straordinaria alle aliquote IRES, per un
totale di 2,163 miliardi nel 2013 e 1,5 nel 2014. Mentre, da un lato,
si chiede questo sforzo al settore, dall’altro gli si concede il
beneficio indirettamente derivante dalla rivalutazione delle azioni
della Banca centrale. Peraltro, dalla rivalutazione emergerà un
introito fiscale aggiuntivo di circa un miliardo per il bilancio
dello Stato.